Nati al Vestuti

Il “sacrificio” di Plaitano in quella Domenica da cani

Salerno, 28 aprile 1963. Giorno di elezioni politiche. Il Vestuti, centralissimo impianto di piazza Casalbore, è gremito: la Salernitana di Scarnicci e Gigante si appresta ad affrontare con intenti battaglieri la capolista Potenza, nel tentativo di afferrare l’ultimo treno che porta alla B. La squadra granata aveva iniziato benissimo il torneo (4 vittorie ed un pareggio nelle prime 5 partite), poi l’inattesa flessione, l’esonero inevitabile di Piero Pasinati, l’impennata d’orgoglio con le vittorie di Ascoli e Trani sotto la nuova gestione Giunchi.

Contro i lucani, dunque, può essere la partita della svolta; nessuno immagina verrà ricordata negli anni per un triste primato. La Salernitana non riesce a sfondare, il Potenza tiene ed al 42° trova addirittura il vantaggio con l’ala sinistra Vincenzo Rosito, bravo ad approfittare di una leggerezza del portiere Pezzullo. I granata protestano vivacemente per un presunto fuorigioco (che in realtà non c’è), ma l’arbitro Gandiolo di Alessandria non sente ragioni.

La Salernitana rientra negli spogliatoi consapevole di dover dare tutto nella ripresa per ribaltare la situazione: non ci sono alternative, per inseguire la cadetteria è obbligatorio vincere. I granata ripartono all’assalto del Potenza, in cui spiccano l’equilibrio ed il raziocinio del mediano Lodi (futuro dirigente granata a fine anni ’80), ma la situazione non cambia. Al 77° Gigante addomestica un buon pallone in area e viene falciato; Oliviero Visentin (cannoniere granata con 6 gol) è il più vicino all’azione ed è sicuro della concessione del rigore, così come ovviamente Gigante. Gandiolo sorvola e lo stadio insorge.

Inizialmente, un singolo tifoso invade il campo “a caccia” del fischietto alessandrino, ma è prontamente bloccato dai poliziotti; evidentemente con modalità non propriamente ortodosse, perchè sul suo viso colano righe di sangue. E’ il finimondo. Il pubblico comincia ad assieparsi ai lati del campo, accalcandosi sulle recinzioni: almeno 20 tifosi le scavalcano e tentano la strada della giustizia sommaria, seguiti dal resto della folla che ormai ha fatto breccia nelle inferriate; la partita è sospesa, Gandiolo rimedia “solo” un pugno e riesce, assieme ai guardalinee, a riparare velocemente negli spogliatoi grazie alla scorta degli Agenti. Dalla pancia dello stadio potrà appena percepire gli echi della furibonda guerriglia in atto sul prato.

Sfilano le camionette della Polizia, mentre anche le squadre piombano negli spogliatoi, per rimanervi asserragliate a lungo; fioccano i lacrimogeni, che le Forze dell’Ordine utilizzano per disperdere i facinorosi. L’assedio dura 7 ore. Si odono anche degli spari, la Polizia ritiene opportuno esplodere dei colpi in aria per intimorire ulteriormente i tifosi. In tribuna, defilato verso la Curva Nord, siede Giuseppe Plaitano, 48enne ex Maresciallo di Marina, 4 figli. E’ un attimo; il capo che reclina su un lato, il corpo che si adagia sui gradoni. Plaitano è stato appena raggiunto alla tempia da un proiettile vagante. Vani i soccorsi dei presenti, Plaitano muore in silenzio, nell’indifferenza di chi è impegnato a far danni sul prato del Vestuti (che sarà squalificato 4 turni). Bilancio tragico, cui vanno aggiunti 21 feriti, 36 contusi (fra tifosi ed Agenti) ed oltre 20 milioni di danni.

E’ una domenica da cani: al San Paolo di Napoli, 50 km circa più a Nord, si verificano analoghi disordini durante il match fra i partenopei ed il Modena (62 feriti e 130 milioni di danni). Interpellato qualche anno fa sull’accaduto, Gandiolo dichiarò di non sentirsi in alcun modo responsabile, ascrivendo la volontà distruttiva di quel giorno al timore dei tifosi di perdere la partita, e le conseguenze irreparabili alla disorganizzazione delle forze dell’ordine, giudicate in numero troppo esiguo a presidio delle recinzioni. Anche Gigante, protagonista del penalty non concesso, ebbe modo di rievocare quei momenti: ferma restando la nettezza del rigore, il centrocampista granata ricordò quanto fosse caotica e convulsa la situazione, specificando che i giocatori seppero con parecchio ritardo della morte di Plaitano. Negli anni successivi, altri tifosi avrebbero trovato la morte all’interno di uno stadio italiano. Giuseppe Plaitano fu “soltanto” il primo. A lui sarebbe stato dedicato uno dei più importanti club di tifosi granata.

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